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Promuovere il benessere aziendale con un approccio più personale

Scritto da Sodexo Benefits | 24.04.18

Molte strategie di marketing di aziende sia B2C che B2B stanno andando nella direzione della personalizzazione. Mettere il cliente al centro è un obiettivo dichiarato da molti e porta sicuramente risultati, perché chi si sente apprezzato, ascoltato e coccolato è di conseguenza maggiormente incentivato ad acquistare.

All'interno di un’organizzazione, sono le risorse umane a rappresentare il primo esempio di clienti e ambassador, soprattutto quando si parla di attrarre nuovi talenti, ma anche per l’immagine che l’azienda offre di sé di fronte agli investitori, gli azionisti o i partner. In questo articolo vedremo come migliorare il clima organizzativo, investendo sul benessere aziendale da una prospettiva personale, esattamente come nei piani di marketing più innovativi.

Perché l’approccio impersonale non contribuisce al benessere aziendale?

Le organizzazioni aziendali parlano delle proprie risorse in termini di dipartimenti, staff e team, dimenticando che in realtà ci si relaziona in primis con le persone.

L’approccio è spesso rivolto al singolo gruppo di lavoro, anziché al singolo individuo.

Ma di cosa hanno bisogno i collaboratori per stare bene ed essere coinvolti, motivati e produttivi? Non è possibile rispondere a questa domanda ragionando in termini collettivi, perché ogni persona ha bisogni differenti. Se un nuovo assunto, laureato da poco, può non avere preoccupazioni familiari, ma magari esigenze in termini di tempo da organizzare, un dipendente più adulto vorrà risparmiare per potere acquistare la prima casa, mentre un altro ancora cercherà di pianificare al meglio gli investimenti per avvicinarsi all'età della pensione senza preoccupazioni.

 

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Non si tratta solo di una questione di età, anche gli approcci caratteriali fanno la differenza e per creare un clima di benessere aziendale è necessario che l’ambiente di lavoro tenga in considerazione tutti questi aspetti. 

Proprio come non è vero che tutti lavorano allo stesso modo e c’è chi preferisce gli ambienti open-space e chi invece ha bisogno di concentrarsi, magari isolandosi per qualche minuto in un ufficio, anche le modalità di promozione del benessere dovrebbero essere flessibili, perché sia un obiettivo raggiungibile da parte delle aziende.

Come costituire un approccio più personale?

Ci sono dei piccoli e semplici accorgimenti da mettere in pratica nel quotidiano dell’attività lavorativa che possono contribuire a non fare sentire il collaboratore solo come una parte di un ingranaggio, una condizione che alla lunga può generare un ambiente oppressivo dove le persone perdono la propria individualità.

È proprio questa invece la leva su cui puntare per affrontare al meglio le sfide che la Quarta Rivoluzione Industriale sta per mettere di fronte a tante imprese: il focus sulle persone.

Ad esempio, come possono i collaboratori avere rispetto per l’intera organizzazione se ogni singola attività viene monitorata “dall'alto” da parte dei manager? Senza un clima di fiducia è difficile che vi sia rispetto reciproco.

L’autonomia nelle attività quotidiane più di routine è uno dei capisaldi della motivazione, perché la soddisfazione per avere conseguito un obiettivo sarà maggiore.

Un altro consiglio molto immediato è quello di non imporre regole ferree sulle pause che anzi possono diventare dei momenti fondamentali di decompressione in cui scaturiscono nuove idee e delle occasioni preziose di socializzazione tra colleghi.

 

 

Qualunque tipo di forzatura a livello comportamentale può sfociare in situazioni di stress e frustrazione nei confronti del proprio lavoro. Per questa ragione è molto importante che vi sia flessibilità nella gestione del lavoro. È giustissimo che ci siano delle regole e delle procedure standard a cui tutti si debbano attenere, tuttavia il modo in cui ognuno esegue i compiti che gli sono stati assegnati dovrebbe essere scelto in piena libertà.

A proposito di flessibilità, come non citare la possibilità di introdurre un orario lavorativo flessibile, appunto, oppure delle misure di telelavoro o smart working?

Secondo i dati dell’indagine Welfare in Azienda realizzata da A.T. Kearney, il 20% delle imprese intervistate ha indicato lo smart working come una pratica di welfare già applicata all’interno delle organizzazioni per andare incontro alle esigenze dei singoli collaboratori e in questo modo promuovere il benessere aziendale.

Sicuramente l’adozione di benefit flessibili, che rispondano alle reali esigenze dei dipendenti e lasciano a loro piena libertà di scelta, è vista come una politica motivante e virtuosa.

Quali sono gli altri benefit che fanno parte dei piani di welfare aziendale attivi in Italia?

Sempre attenendoci ai risultati della ricerca A.T. Kearney, il 58% delle aziende ha indicato i buoni pasto, il 50% la disponibilità a concedere il part-time, il 42% un’assicurazione sanitaria integrativa.

In aggiunta a questi benefit, a seguito della Legge di stabilità, l’opportunità di implementare servizi di welfare aziendale è ulteriormente aumentata, grazie alla possibilità di convertire tutto, o in parte, il premio di produttività in welfare (per premi inferiori a €3.000 su RAL inferiore a €80.000 - accordi di II livello).

Non solo, grazie all'ampliamento del ventaglio di interventi o servizi promuovibili attraverso il piano welfare (ad esempio baby-sitting, mense scolastiche, assistenza agli anziani e ai non autosufficienti), le opportunità per aziende e collaboratori sono ulteriormente aumentate. 

L’impegno e i risultati dovrebbero essere sempre riconosciuti e premiati: in fondo, anche i piccoli traguardi individuali contribuiscono al successo dell’azienda, non è così?

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