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Storia della pausa pranzo: dalla gavetta al buono pasto

Scritto da Sodexo Benefits | 06.11.18

Prima di trasformarsi nel momento di condivisione importante tra collaboratori, clienti e partner che è oggi, la pausa pranzo ha vissuto un’evoluzione lunga almeno un secolo.

Nell'articolo che segue, ripercorriamo la storia del break dedicato al pranzo, analizzandone i cambiamenti a partire dai primi anni del ‘900. In particolare, ci focalizzeremo su elementi collegati al contesto storico, economico e culturale, come:

  • i luoghi adibiti al pranzo
  • i mezzi e gli strumenti a disposizione
  • la proposta alimentare
  • gli orari

La trasformazione della pausa pranzo dal XX secolo ad oggi

La pausa pranzo, a partire dalla Rivoluzione Industriale, ha vissuto fasi cruciali che ne hanno segnato la storia e hanno posto le basi per l’attivazione dei primissimi servizi di welfare, oggi molto presenti e alla base dell’offerta aziendale.

Perché il XX secolo ha avuto un ruolo così determinante nell'istituzione di una pausa dalle attività lavorative?

In questi anni la produttività italiana registra un forte sviluppo, culminando nella metà del ‘900 nel cosiddetto “miracolo economico italiano”, nella crescita industriale e nell'aumento esponenziale dei dati occupazionali.

L’importanza di mantenere in forze il fisico per rispondere a una domanda produttiva intensa ha reso necessaria l’introduzione di un momento di pausa dedicato al pranzo per rifocillarsi e assumere alimenti capaci di sostenere il dispendio di energie. Il personale operaio, inizialmente, poteva contare su minuti limitati per mangiare e riposare. A dettare il ritmo lavorativo, che non doveva essere in alcun modo compromesso, ci pensavano gli imponenti orologi appesi all'interno degli stabilimenti.

 

 

Reperti fotografici e documenti storici testimoniano come gli operai, vestiti sempre della propria tuta, consumavano i pasti seduti dove capitava, non lontani dalle postazioni o all'aria aperta, ovviamente se il tempo lo permetteva. Piatti, forchette e ciotoline venivano portate da casa, anticipando una tendenza in uso ancora oggi: la preparazione della gavetta, un recipiente di metallo richiudibile e adibito alla conservazione e al trasporto di vivande. Un’abitudine sviluppatasi nel corso della storia a cui tutt'oggi i collaboratori aziendali si rifanno.

Particolarmente curiosa è l’etimologia del termine “schiscetta”, entrato a far parte del linguaggio comune, soprattutto lombardo, che si riferisce alla particolarità del cibo conservato, appunto schiacciato all'interno del contenitore.

È a partire da questi cenni storici che si assiste ad una rivoluzione della pausa. L’elemento guida è la graduale introduzione di locali adibiti al consumo dei pasti, chiamati “refettori” prima e “mense” poi. Le sale rappresenteranno da questo momento in poi un punto cardine per lo sviluppo del tessuto e delle relazioni sociali.  Non più, quindi, pasti consumati in pochi minuti, molto spesso da soli o in compagnia di pochi colleghi, ma momenti di gioia e allegria, in cui si condivide la medesima tavolata, come testimonia questa immagine raffigurante gli operai a pranzo negli stabilimenti della Fiat di Torino: siamo negli anni Quaranta.

Immagine pubblicata sul sito di Rai Storia, reperibile a questo indirizzo.

Il tema della sicurezza merita un approfondimento specifico. Chiaramente, consumare i pasti seduti a pochi passi dai macchinari delle fabbriche rappresentava un problema non da poco da un punto di vista igienico-sanitario. I refettori permettevano agli operai di mangiare in luoghi sanificati, lontani da polveri e materiali pericolosi per la salute, più adatti quindi all'esposizione del cibo.

Un ulteriore passo avanti nella storia della pausa pranzo nel XX secolo è rappresentato dell’offerta culinaria. In questo caso è il benessere dei collaboratori a essere particolarmente sentito.

Cresce il bisogno di equilibrare l’alimentazione in fabbrica e, di conseguenza, di adottare un regime sano e completo dell’apporto calorico necessario al compimento delle attività della giornata. In questi anni si costruiscono ambienti adiacenti alle fabbriche completi di grandi cucine, dove quotidianamente cuochi e inservienti offrono pasti pronti e caldi ai dipendenti.

È proprio nella seconda metà del secolo che si introducono strumenti per usufruire del pasto in modo innovativo, destinati a tramutarsi negli anni in vere soluzioni di welfare dedicate ai collaboratori. Gettoni e ticket cartacei vengono distribuiti ai lavoratori che ne fanno uso per ottenere il pasto prescelto all'interno della mensa.

Un sistema che, senza dubbio, ricorda lo sviluppo e l’introduzione dei buoni pasto sul mercato e nel mondo del lavoro. Ad oggi, questi rappresentano uno dei flexible benefit più diffusi e apprezzati sia dai collaboratori che dalle imprese. Le ragioni sono semplici: la praticità dello strumento che permette alle persone di utilizzarlo comodamente presso gli esercizi commerciali convenzionati, nonché alle aziende di ottenere dalla sua introduzione grandi benefici fiscali. 

Inoltre, poiché non tutte le aziende disponevano degli spazi necessari per realizzare una mensa, a garanzia della qualità del pasto, il buono pasto permette ai collaboratori di consumarne presso una rete di esercizi commerciali e strutture convenzionate.

Il culmine dell’evoluzione del break per il pranzo arriva proprio quando viene offerta la massima libertà ai propri collaboratori, con il buono pasto che può essere utilizzato sia per i piatti proposti da bar, ristoranti e tavole calde, sia per gli alimenti pronti al consumo presso i mercati, gli agri e ittiturismi, i piccoli negozi o i supermercati. I tempi, i luoghi e le modalità di pausa, oggi, sono sempre più a discrezione dei collaboratori, anche in virtù della mutata struttura della giornata lavorativa, orientata al raggiungimento di obiettivi e non solo al rispetto dai canonici orari di ingresso e uscita.

Nell'articolo di oggi abbiamo brevemente ripercorso la storia della pausa pranzo, attraverso l’introduzione delle primissime regole nelle fabbriche che hanno ricostruito l’economia italiana, fino alla nascita di soluzioni welfare, come ad esempio il buono pasto, la base per sistemi e norme che oggi sono regolamentate e incentivate anche da benefici fiscali.

Il Novecento è stato un periodo vivace non solo dal punto di vista del miglioramento della pausa dei collaboratori. Sono state avviate le prime iniziative a supporto della maternità, dell’infanzia e della famiglia: un’ulteriore testimonianza che il welfare è una tematica presente da tempo, nell'ottica di un’attenzione alla qualità della vita in azienda.

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