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I voucher per il pasto “buoni”...per l’azienda!

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Avresti mai pensato che i buoni pasto siano un aiuto non solo per i tuoi dipendenti… ma anche per la tua azienda? Esaminiamo insieme i dati di una recente e accurata ricerca Doxa.

I buoni pasto sono tra le forme più conosciute di welfare aziendale: ma forse non tutti sanno quanto un accorgimento così apparentemente “piccolo” per i propri dipendenti come preoccuparsi per il loro pasto abbia in realtà molte sfaccettature di incidenza nella vita dell’azienda.

Una ricerca Doxa condotta in Italia per conto di Sodexo Benefits&Rewards a febbraio 2017 sul mercato dei voucher per il pasto tra le piccole e medie imprese ha evidenziato risultati molto interessanti.

L’indagine è stata svolta tenendo sott’occhio, fra gli altri, i seguenti parametri:

  • penetrazione dei buoni pasto nel mercato delle piccole medie aziende;
  • raccolta di vari elementi conoscitivi a proposito di questo mercato, come ad esempio la frequenza d’uso dei voucher, l’usabilità e i canali attraverso cui sono stati usati;
  • comprensione della differenza di diffusione tra buoni pasto cartacei ed elettronici;
  • comprensione del reale grado di soddisfazione degli utenti;
  • ricerca dell’esistenza o meno circa l’interesse, da parte di chi non dispone di buoni pasto, ad essere fornito di questa tipologia di welfare.

La ricerca è stata svolta su un campione di imprese provenienti da tutte le regioni d’Italia, e con un numero di dipendenti compreso in un range da 10 a 250.

Vediamo insieme i risultati emersi:

Diffusione ed efficacia dei buoni pasti nel contesto delle PMI italiane: alcuni dati

La ricerca si è svolta su un campione contenente per la maggioranza aziende con un numero di dipendenti compreso tra i 10 e i 19; di questi, il 53% ricopriva incarichi di impiegati semplici, con un’età compresa tra i 18 e i 40 anni per il 56% degli intervistati.

Lo studio ha rilevato che, rispetto al 2010, la percentuale di intervistati che ricevono dalla propria azienda il benefit consistente nei buoni pasto è molto aumentata: dal 21% degli intervistati di 7 anni fa, si è passati, infatti, al 36%: di queste aziende, la maggior parte si trova nell’Italia Settentrionale, specialmente in Lombardia.

I buoni pasto erogati sono ancora per la maggior parte cartacei (76%): sul fronte “elettronico”, dunque, le aziende italiane devono ancora fare qualche passo in avanti.

Tra le aziende che forniscono voucher per la refezione ai propri dipendenti, il 31% li eroga solo per i lavoratori full time, mentre il 64% per tutti i lavoratori; inoltre, il 64% di esse non varia il valore del buono pasto a seconda del ruolo aziendale del dipendente: il buono pasto si configura dunque come un benefit “democratico” e comodo, che può rispondere alle esigenze di varie tipologie di dipendenti.

Delle aziende intervistate, coloro che forniscono voucher ai propri dipendenti hanno dichiarato di farlo, in maggioranza, per sopperire alla mancanza di una mensa aziendale, e quindi supportare i propri dipendenti nella gestione della pausa pranzo, il 31% per completare lo stipendio, il 18% come premio o incentivo (bad users): dati, questi, che fanno capire come la cultura del “buono pasto” in Italia si stia diffondendo in modo corretto, ovvero offrendo l’idea che la pausa pranzo sia una componente importante della giornata del lavoratore, e quindi debba essere valorizzata dalle aziende che danno valore alle proprie risorse umane: contrariamente, se il voucher viene considerato come un “premio” si rischia di dare l’idea che una pausa pranzo disagevole sia una conseguenza del comportamento del lavoratore, svalutandone il lavoro in partenza.

Per la maggioranza, i voucher sono usati all’ora di pranzo, quindi rispondono a un bisogno REALE.

Inoltre, le percentuali che riguardano i luoghi di utilizzo sono altrettanto alte sia per quanto riguarda ristoranti, pizzerie ecc, sia per le rosticcerie e i supermercati: segno, questo, che indica il buono pasto come strumento estremamente versatile e adattabile alle diverse esigenze dei lavoratori.

In media, la maggioranza dei lavoratori intervistati è rimasta più soddisfatta, rispetto al 2010, della facilità con cui ha potuto spendere il buono: segno, questo, che indica come la progressiva diffusione di questo benefit venga accolta con sempre più favore.

Ancora poco diffuso il “contatto” fra la compagnia che eroga i buoni pasto e il lavoratore: solo il 15% della popolazione intervistata ha affermato di contattare l’erogatore dei vouchers in occasioni “altre” rispetto all’ordinazione dei voucher: di questi, il 19% sono persone con un ruolo di decisori.

Tra gli intervistati a cui la ditta di appartenenza non provvede buoni pasto, né un servizio di mensa/caffetteria aziendale, è stata rilevata l’alta percentuale (43%) di coloro che sono poco o non abbastanza soddisfatti di come è gestita la pausa pranzo nella propria azienda. In particolare, in questa categoria di intervistati è altissima la percentuale di chi non “prevede” nessuna soluzione da parte della propria azienda verso questo malcontento: infatti, il 78% di loro ha risposto in modo negativo alla domanda su quanto fosse probabile, secondo loro, che l’azienda di appartenenza provvedesse buoni pasto ai propri dipendenti.

In conclusione…

Quando in azienda non è presente una mensa aziendale, prendersi cura della pausa pranzo dei propri dipendenti è un investimento sicuro nella percezione dell’immagine dell’impresa da parte dei lavoratori; in particolare, il buono pasto si configura come uno strumento versatile e in grado di rispondere alle esigenze alimentari dei lavoratori.

E tu cosa ne pensi? Hai già provato questa tipologia di benefit nella tua azienda?

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