I buoni pasto sono un benefit aziendale molto apprezzato in Italia, nato come servizio sostitutivo di mensa e che nel corso degli anni ha visto ampliarsi le proprie modalità di utilizzo, fino a includere una rete completa di esercizi commerciali convenzionabili.
Più volte abbiamo parlato dei benefici che derivano dall'introduzione di questo vero e proprio strumento di welfare, analizzando i vantaggi che si riflettono sull'ottimizzazione dei costi aziendali. Ma quanto costa non offrire i buoni? Scopriamolo, nell'articolo di oggi.
Una stima dei costi per le aziende che non offrono i buoni pasto
La praticità di attivazione del servizio, le normative che ne hanno ampliato l’utilizzo, la vastità della rete di esercizi commerciali coinvolta e i vantaggi fiscali hanno contribuito a inquadrare i buoni pasto tra i benefit maggiormente apprezzati dai collaboratori e dalle imprese in Italia.
I buoni, disponibili in formato cartaceo o elettronico, rispondono perfettamente alle esigenze, anche delle persone più attente alla propria alimentazione e alla ricerca di una pausa pranzo di qualità.
Ma i beneficiari di questi servizi non sono gli unici a potere cogliere opportunità uniche.
Molte aziende, non solo quelle di più grandi dimensioni, sono consapevoli dell’importanza di introdurre strumenti a supporto del benessere dei collaboratori, tutelare stili di vita sani e prevedere servizi che aiutino a migliorare il work-life balance.
Le spese sostenute per attivare queste iniziative sono da considerarsi a tutti gli effetti degli investimenti, piuttosto che dei costi, proprio per l’incremento delle performance che sono in grado di innescare.
Quanto costa scegliere di non offrire i buoni pasto come benefit aziendali? Nei prossimi paragrafi approfondiamo due delle situazioni più comuni.
Situazione 1: prevedere un’indennità sostitutiva di mensa
Un’azienda che non ha la possibilità di offrire un servizio mensa direttamente o tramite terze parti, per mancanza di spazio ad esempio, può scegliere tra diversi strumenti sostitutivi. Oltre ai buoni pasto, si può valutare l’introduzione dell’indennità di mensa. Senza addentrarci troppo nel merito della normativa fiscale che regola la tassazione di questa soluzione, che può essere approfondita leggendo questo articolo dedicato, si tratta di un importo corrisposto in busta paga a integrazione della retribuzione prevista per il collaboratore. Di conseguenza, l’importo erogato è soggetto al versamento di quote destinate a INPS, TFR, IRAP e IRES su IRAP.
L’agevolazione fiscale di cui godono i buoni pasto risulta favorevole, perché i collaboratori che li ricevono sono esenti da oneri fiscali e previdenziali fino a un massimo di 4€ al giorno per i buoni cartacei e fino a un massimo di 8€ per quelli elettronici.
Ma sono i benefici riservati alle aziende a rendere davvero vantaggiosa questa soluzione: le spese sostenute sono deducibili per competenza ai fini delle imposte dirette IRPEF, IRES e IRAP, con l’obbligo di dedurre i costi in riferimento al momento in cui il collaboratore ha usufruito del servizio. Si tratta, quindi, di un valido strumento per ottimizzare i costi aziendali.
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Situazione 2: non prevedere servizi sostitutivi di mensa
Quanto costa non prevedere alcun servizio sostitutivo di mensa? Si potrebbe pensare che non investire in strumenti a supporto della qualità della vita corrisponda a una concreta ottimizzazione dei costi dei dipendenti, ma così non è.
Infatti, in questo caso, ciò che comunemente non si tiene in considerazione è la conseguente generazione di costi fantasma.
Se i collaboratori saltano un pasto fondamentale come il pranzo, magari per mancanza di tempo per uscire, i loro livelli di concentrazione nel pomeriggio non possono che calare, determinando anche una diminuzione delle performance.
Prevedere una soluzione a sostegno del benessere, che si tratti di un’integrazione in busta paga come contributo sostitutivo o di buoni pasto utilizzabili per la pausa pranzo e non solo, supporta una maggiore consapevolezza nelle scelte alimentari, orientandole alla qualità.
La pausa pranzo, infatti, è un momento strategico sia per il benessere fisico che per il clima aziendale che giova della possibilità per i collaboratori di mangiare con i colleghi, migliorando le relazioni e ricaricando le energie per il resto della giornata. Quando il pranzo è completo dell’apporto energetico corretto, si mantiene alta la concentrazione, garantendo performance sempre elevate e la giusta carica anche per le attività extra-lavorative.
Inoltre, il buono pasto, proprio in virtù della sua diffusione, è un benefit piuttosto richiesto dai nuovi talenti in fase di recruiting e contribuisce a rafforzare l’immagine aziendale sia all'interno che all'esterno.
Non è tutto, perché la sua praticità consente di snellire molte pratiche quotidiane, spesso causa di rallentamenti e verifiche aggiuntive, come la gestione delle note spese: scopri di più in questo articolo dedicato!
Nell'articolo di oggi, ci siamo focalizzati sulle possibili alternative ai buoni pasto e sui costi correlati, talvolta nascosti e quindi non preventivati, come il calo delle performance. Come abbiamo visto, mettere a disposizione dei collaboratori i buoni cartacei o elettronici sostiene una migliore qualità della vita. Il valore dei buoni contribuisce ad aumentare il loro potere d’acquisto, offrendo maggiore libertà di scelta, consapevolezza e benessere.
Oltre ai costi e alla scelta del fornitore più adatto alla propria azienda, è opportuno considerare il ruolo di questo benefit nel miglioramento del clima aziendale e nella creazione di relazioni solide tra colleghi, favorite dal contesto informale e rilassato delle pause condivise per il pranzo.
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